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 recensioni 

Renzo Orsini
 
[Critico d'arte]

 

Sospeso tra il racconto fiabesco e il ludico esercizio della composizione, il mondo pittorico di Gioacchino Loporchio  narra, con uguale e sognante delicatezza, eventi e sentimenti orchestrati dall’artista, che da una ideale, magica scatola da costruzioni seleziona  tasselli decorativi e seriali, da collocare nel loro giusto posto, all’interno del più ampio spazio della tela su cui si conclude il loro incastro cromatico. E’ così che bizzarre figurazioni geometriche, nautili e spiraloidi, si combinano magicamente e aritmeticamente, facendo scaturire dalle loro combinazioni ora il cielo, ora la terra, il sole come il mare, personaggi, paesaggi o cose. Il decoro allinea sullo stesso piano situazioni, luoghi ed emozioni:”Alba a Bagdad” 0 “In fondo al mare”, “Il giorno e la notte” o “l’arte è….”- che importa?

L’arabescato alfabeto della mano dell’artista fa e disfa, compone, scompone e ricompone. L’importante è mantenevi costante il tono, dirigerne coerentemente la manipolazione stilistica.

In questo eden deperiano la “joie de vivre” viene castigata dalla posizionante gestualità ritmiche, memori della strutturazione meccanicistica delle coreografie shlemmeriane. Le silhouettes  intagliate con cura si collocano fra goniometrici e coloratissimi vortici modulari, che scandiscono, con un intuibile tempo di battuta il loro cinetico esserci, presenze senza spessore in uno spazio senza ombra.

Il rassicurante “C’era una volta…..” incipit delle fiabe della più classica tradizione che introduceva il lettore in un tempo arcano e imprecisato, nel mondo di Loporchio potrebbe essere tradotto in : “ Magari fosse davvero così!”

Magari, lo stupore, la meraviglia ed il fantastico governassero veramente, se l’immaginazione, aggredendo ogni cosa, fosse la forza demiurgica in grado di rielaborare la realtà a noi più adatta, così da poterla vivere al meglio, senza forzarla  con una visione infantile.

L’immaginazione, unica arma di difesa dell’adulto sensibile, dell’artista, impossibilitato a riprodurre obiettivamente il mondo com’è, perché tragico, drammatico, insopportabile.

Sempre, nella fiaba classica, la narrazione si conclude con l’insostituibile “….e vissero felici e contenti!” scolpendo nell’eternità l’agognato raggiungimento di uno stato di meritato benessere, una volta superate le peripezie di una favola irta di difficoltà e pericoli.

Potremmo congedarci dalle trame pittoriche di Gioacchino Loporchio – diventati, noi, confidenziali complici dei suoi protagonisti – con l’intima presunzione che la materia sensibile da cui prende forma questo racconto visivo sia la felicità: …. Chissà!.

GIOACCHINO LOPORCHIO

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© 2014 Gioacchino Loporchio, creato da Egidio Crudele

Via Vittorio Veneto, 13 Cerignola, FG 71042

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